Qualche anno fa, dopo tantissimo tempo che non avevo sue notizie, mi ritrovai a scambiare alcune mail con mio Zio, il noto critico e musicologo cine-musicale Sergio Miceli.

Tutti i miei parenti, con le vite sparpagliate per l’Italia, si erano persi di vista da tempo (io vivevo nel parmense da decenni), e anche mia Mamma Nicoletta (sua sorella) non aveva più contatti con lui, anche per l’intensa vita di Sergio che lo vedeva impegnato tra Firenze, Roma, e i tanti convegni ed impegni nel mondo..
Ebbene, un bel giorno (14 febbraio 2009), in modo accidentale, trovai su internet il link della sua pagina universitaria personale (molto sintetica) dove era presente un indirizzo email, così, senza però troppe speranze di riuscire a “parlargli”, provai a contattarlo, e con mia grande sorpresa trovò il tempo per rispondermi con molto calore, ed escludendo la parte più “personale” riporto:
“… Di Alberto (*), dei suoi sogni-progetti, del modo in cui mi trattava, ho un buon ricordo e non ho dimenticato di essere stato il suo “ragazzo di bottega” nel piccolo laboratorio di radio-riparazioni in Via S. Niccolò 107… Grazie a lui feci le prime conoscenze importanti: il pittore Emanuele Cavalli, che mi avviò alla fotografia; uno zio “pazzo” di Alberto, del quale non ricordo più il nome, forse un architetto, che nella sua soffitta conservava cimeli d’una tradizione fiorentina oggi scomparsa… Ma, appunto, mi sembra di parlare di un altro me stesso, non tanto per i cinquant’anni che sono trascorsi – a giorni ne compio 65 – ma per tutti i cambiamenti, esterni e interni.
La tua mail – che ho fatto leggere a Rita, mia moglie, e a mia figlia Chiara di 16 anni – ha insomma aperto il baule dei ricordi, dal quale ho tratto questa fotografia:“

(*) L’Alberto citato nella mail è mio padre..
Avemmo così modo di scambiare ancora qualche informazione, sino a che poi trovai il coraggio di chiedergli (non senza tanto timore) un parere sulla mia passione per la composizione musicale, ben sapendo del suo carattere giustamente “severo” riguardo alle critiche che era chiamato ad esprimere, e mi diede questa inattesa risposta:
“Caro Luca,
ho potuto finalmente ascoltare i brani che mi hai indicato, addirittura un po’ prima delle previsioni grazie a una sessione d’esami a Roma molto più breve di quanto potessi immaginare.
La premessa – o il parere stesso, come preferisci – è che in tanti anni di corsi di musica applicata (intendo quelli di composizione tenuti con Morricone, con Piersati e con Frattini, che sono cosa ben diversa da ciò che insegno all’università) ho avuto a che fare con tanti “dilettanti”, ovvero con autodidatti, che molto spesso se la cavavano meglio dei diplomati in composizione. La ragione è semplice: il “molto” sapere, la formazione accademica basata sui grandi modelli e le grandi forme, può frenare la spontaneità creativa, specie nella musica applicata. Ci sono ovviamente le eccezioni, che non a caso hanno intrapreso o stanno faticosamente intraprendendo un percorso professionale.
Nel tuo caso mi pare determinante ciò che tu stesso hai scritto nel sito: «Oggi mi ritrovo ad avere molto più tempo a disposizione per giocare con note, ritmi e suoni. Così mi diverto ad inventare musica alla mia maniera, un poco fuori dai soliti schemi (penso..)». Ecco; i concetti di “gioco” e “divertimento” sono essenziali per “valutare” i tuoi lavori, che non sono peggiori (e in molti casi sono invece migliori) di quelli di tanti corsisti che intendevano affrontare la professione. A mio parere sei insomma un buon dilettante, nel senso originario e rinascimentale del termine.
Le limitazioni tecniche alle quali fai cenno non influenzano il giudizio: sappiamo bene in cosa consistono, cosa comportano e, se t’interessa, ho fatto esperienze dirette dallo Yamaha MSX (1980) ai Korg (sintetizzatori e tastiere), fino a campionatori hardware e software molto sosfisticati, usando sequencer e programmi di notazione (di Finale acquistai la licenza dalla versione 1.0 e l’ho poi usato per alcuni miei libri), perché mi sembrava giusto sperimentare di persona quello che in sede didattica avrei dovuto valutare.
Quanto alla “umanizzazione” molti anni fa, tenendo una conferenza al Conservatorio di Firenze sulla gestualità in musica alla presenza di colleghi pianisti, un paio dei quali concertisti di fama internazionale, la conclusi con un esperimento che implicava due domande: “In che misura la gestualità influenza queste interpretazio? Quale preferite?”. Feci ascoltare 5 versioni di Maple Leaf Rag di Joplin che andavano dall’esecuzione su uno Stainway Gran Coda (con il suggerimento implicito che l’autore è un classico e deve essere eseguito come Chopin) a un pianoforte Baldwin verticale scordato (e lo suonava addirittura Antonio Ballista), più alcuni passaggi intermedi. Ma fra i 5 uno era un campionatore Korg di un pianoforte a coda Baesendorfer, che leggeva una mia trascrizione MIDI in cui avevo impiegato non poco tempo per togliere ogni regolarità/meccanicità. Ovviamente le esecuzioni erano numerate ma non dichiarate. L’interpretazione che ricevette maggiori consensi (e non di poco) fu proprio quella dovuta al mio Macintosh, a Finale e al campionatore Korg. Non dimenticherò mai le espressioni dei presenti quando svelai i nomi degli esecutori.
Tornando ora ai tuoi lavori, per quanto riguarda l’originalità, l’essere al di fuori degli schemi, ho invece molte riserve, ma non entro nei dettagli perché il tuo non è un percorso professionalizzante.
Un caro saluto
zio Sergio“
Ebbene, prima mi consolavo dicendomi che in fondo anche artisti del calibro di Vangelis sono degli autodidatta, ma dopo questa importante e inattesa valutazione, il mio stimolo a proseguire nel mio modesto hobby si è consolidato, senza troppe pretese, ma con la sensazione di non perdere solo del tempo..
Lo Zio Sergio è poi mancato dopo una lunga malattia nel 2016, e purtroppo non ebbi più possibilità di incontrarlo.. Spero che dove si trova ora abbia modo di confrontarsi ancora con il suo amico Ennio, anch’esso purtroppo scomparso da poco..

Così si firmava:
professore ordinario, Storia della musica ed Estetica musicale
Conservatorio “L. Cherubini”, Firenze
professore a contratto, Storia della musica per film
Università di Firenze
Università di Roma “La Sapienza”
Per approfondimenti: